Giuseppe Augusto Levis
(Chiomonte, 1873 · Racconigi, 1926)
Il percorso artistico di Giuseppe Augusto Levis prende avvio a partire dal 1888, anno a cui risalgono le prime opere note del pittore, che si contraddistinguono già per una spiccata qualità esecutiva, nonostante la sua giovane età. Nel 1901 si collocano le prime frequentazioni con Lorenzo Delleani, tra i più noti e celebrati pittori di paesaggio dell’epoca, e con il suo nutrito circolo di allievi, che proseguono sino al 1908, anno di morte del maestro.
Le opere realizzate da Levis nel primo decennio del Novecento rimandano agli insegnamenti impartiti, seppur informalmente, da Delleani, per quanto in esse si possano già cogliere, in germe, idee e riflessioni autonome che verranno portate avanti e sviluppate negli anni a venire. L’artista chiomontino si dedica in questo momento alla rappresentazione realistica di paesaggi montani e di campagna, risultato di sedute pittoriche en plein air, in cui la rapidità esecutiva, anch’essa di ascendenza delleaniana, gli permette di cogliere e fissare i mutamenti della natura, sia sul breve che sul lungo termine. Le tavolette esposte in questa prima sezione testimoniano la pratica portata avanti in questi anni, dove predominano, dal punto di vista pittorico, luci, ombre, una netta divisione per campiture cromatiche e, dal punto di vista tematico, la transitorietà delle differenti condizioni atmosferiche e luministiche, nonché delle stagioni. L’uomo, laddove presente, è integrato nel paesaggio dipinto, colto prevalentemente a distanza e di spalle, a rappresentare uno dei diversi elementi che compongono e animano il Mondo.
- G.A. Levis, La veste rossa, 1906, olio su tavola, inv. 319 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
A cavallo degli anni dieci del Novecento l’artista intraprende una serie di viaggi all’estero che rappresenteranno fonte di ispirazione e studio per i decenni a venire. Le impressioni da lui raccolte su centinaia di tavolette ritraggono un personale e intimo diario di viaggio, che come enfatizza un cronista dell’epoca: “passano di mano in mano come passano i films dal cinematografo”. Negli ultimi giorni di agosto del 1909, al fine di ripercorrere le tracce del maestro Delleani, mancato l’anno precedente, e conoscere dal vivo i paesaggi e le atmosfere indagate nei quadri di pittura fiamminga esposti alla Sabauda di Torino, Levis parte per l’Olanda, soggiornando a Amsterdam e Rotterdam. Nelle vedute di porti e città che ritrae, dove è ancora ben presente l’influenza del maestro, rafforza la sua capacità di restituzione del paesaggio attraverso puntuali gamme cromatiche e inquadrature luministiche. Un altro pretesto per misurarsi con una determinata situazione atmosferica sarà il viaggio in Tripolitania nel gennaio 1912, in qualità di giornalista al seguito dei soldati italiani, nell’appena intrapresa Campagna di Libia. Un reportage pittorico dedicato alle scene di vita quotidiana e al deserto africano, testimonianza della potente impressione di luce afosa di quei luoghi. Nel giugno dell’anno seguente sarà a San Pietroburgo, invitato come membro della Delegazione Torinese alla corte imperiale dello Zar Nicola II – conosciuto a Racconigi qualche anno prima -, recando con sé sei grandi tele in dono rappresentanti i luoghi visitati dall’Imperatore in Italia, cogliendo l’occasione per realizzare una serie di vedute della Neva.
- G.A. Levis, La carovana nel deserto, 1912, olio su tavola, inv. 1 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
Allo scoppio della Grande Guerra come molti altri artisti – Sironi, Boccioni, Marinetti, Casorati, Cominetti, Ajmone, Buratti e altri –, Levis, “spinto da ardore patriottico”, parte volontario come ufficiale di complemento nel 6° Reggimento del Genio Ferrovieri, dove raggiunge il grado di Capitano e viene insignito della croce al merito. Al suo fianco, tra le crocerossine, troviamo l’amata moglie Maria Teresa Biancotti, che, laddove, possibile condivide con lui questa angosciosa esperienza. La Grande Guerra si presenta sin da subito nella sua veste fordista, trasformando l’ardore patriottico in sacrificio di massa. Tra le sanguinose battaglie “il giovane soldato sembra perdere la propria natura umana per assumere quella di una “belva”, attraverso un processo di spersonalizzazione che è un tratto distintivo delle guerre moderne.” In questi anni Levis ritrae in una settantina di tavolette, tutte uguali per dimensioni – per trovare posto nelle cassette militari –, un lucido reportage di “appunti di desolazione”, dove “il suo realismo tragico si ferma attonito a constatare il baratro della condizione umana”. La datazione su ogni opera consente di delineare il suo itinerario: nel 1915 e l’inizio del 1916 resta sul Carso, soffermandosi sulle macerie di Lucinico, paese alle porte di Gorizia bombardato dagli austriaci. Verso la fine del 1916 lo troviamo in Trentino e per tutto il 1917 si sposta tra l’altipiano di Asiago e l’area alpina montana toccando il Monte Grappa. Nei primi mesi del 1918 scende a Montello e si ferma sui territori prossimi al corso del Piave. I soggetti dei suoi dipinti, come ricorda un cronista dell’epoca, riguardano eventi bellici “con un verismo che vi fa agghiacciare il sangue nelle vene e che vi strappa il pianto, davanti alle quali S. Maestà ebbe ad esclamare – Questa è una pagina di Storia –.”
- G.A. Levis, Sull’altipiano di Asiago, 1917, olio su tavola, inv. 502 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
- G.A. Levis, Monte Mucrone, 1915, olio su tavola, inv. 170 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
Dopo le narrazioni visive di terre lontane e le testimonianze pittoriche delle profonde ferite inflitte dalla Guerra, negli ultimi anni della sua vita Giuseppe Augusto Levis torna a dedicarsi con particolare impegno al paesaggio alpino. Le montagne prese a modello ora non sono soltanto più quelle vicine, ovvero la Val Susa o le Valli Biellesi, come agli inizi del suo percorso, ma anche quelle dolomitiche, frequentate nell’ultima parte della sua vita. Parallelamente si modifica anche la pratica pittorica, ora non più solo da intendersi in presa diretta e quale fedele e dettagliata rappresentazione della realtà, ma piuttosto come rielaborazione della stessa, attraverso la componente interiore ed emotiva. I colori sembrano potersi liberare dalla tradizione figurativa, per poter diventare essi stessi, in accostamenti anche inconsueti, insieme alla materia pittorica che li compone, protagonisti indiscussi della composizione. Il rimando al soggetto rappresentato è ancora presente e non sarà mai abbandonato da Levis, gli stessi titoli delle opere sono una testimonianza in tal senso, ma la sua pittura è diventata ora manifestamente altro rispetto alla tradizione ottocentesca, in linea con gli stravolgimenti in atto nel mondo dell’arte dagli inizi del Novecento.
- G.A. Levis, Luci e colori alpini, 1925, olio su tavola, inv. 878 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
- G.A. Levis, Roccia e nevi tra nubi e azzurro, 1925, olio su tavola, inv. 873 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
- G.A. Levis, Nebbie ottobrine in montagna, 1924, olio su tavola, inv. 869 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
Numerose delle opere conservate presso la Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte sono di piccolo formato. Levis utilizzava frequentemente, come supporto per dipingere al di fuori dello studio, tavolette di circa 30 x 40 cm e su tali misure rappresentava opere tematicamente diverse: dai paesaggi en plein air, alle pitture di viaggio, sino al reportage della Grande Guerra. Nonostante questo, le tavolette di piccolo formato erano funzionali per Levis, così come per il suo maestro Delleani e per molti autori della tradizione ottocentesca, per la realizzazione di opere di più grande dimensione; lo testimoniano sia i monumentali quadri esposti in questa sala, appartenenti a stagioni pittoriche diverse, che la ricca documentazione fotografica conservata presso archivi privati.
I grandi formati qui mostrati, insieme alle più piccole tavole, tutti accomunati da soggetti simili legati ai mestieri contadini o alle antiche tradizioni della comunità montana chiomontina, vogliono rappresentare il trait d’union con lo spazio adiacente, in cui è esposta la neonata Collezione Etnografica e la ricostruzione dell’aula dell’Asilo Infantile di Chiomonte, testimoniando così anche l’attenzione pittorica dell’artista nei confronti della sua terra natia.
- G.A. Levis, Neve sul pagliaio, 1918, olio su tavola, inv. 507 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
- G.A. Levis, La grangia nella nebbia, 1904, olio su tavola, inv. 394 ©ARTECO Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte
Nelle sale del museo prendono posto anche la ricostruzione di un’aula dell’Asilo Infantile di Chiomonte, donato dai coniugi Levis al Comune nel 1918 e dedicato alla memoria del padre del pittore, il geometra biellese Giuseppe Levis, e un nucleo iniziale di strumenti e utensili afferenti al territorio che andranno a comporre la Collezione Etnografica del museo. Queste tracce ci permettono di rievocare le “cronache paesane” e riportare alla luce il contesto nel quale soggiornava l’artista Giuseppe Augusto Levis, assieme alla moglie Maria Teresa Biancotti. Chiomonte, piccolo borgo dell’Alta Val di Susa, viveva di pastorizia e agricoltura, si presentava circondata dai vigneti dell’Avanà e più in alto dall’arco alpino, dove in prossimità della cima dei Quattro Denti, leggenda vuole che nel XVI secolo, Colombano Romeàn, per realizzare un acquedotto, scavò a mani nude il Pertus, un traforo lungo quasi mezzo chilometro. Nei primi anni del Novecento per Chiomonte inizia la fase di espansione e di industrializzazione con l’arrivo della ferrovia e l’inaugurazione del nuovo impianto idroelettrico – primo in valle. L’impegno politico di Levis appare evidente dalla carica di Sindaco di Chiomonte che manterrà dal 1921. Spinto da una forte volontà filantropica, l’artista dimostrò sempre una particolare attenzione alla sua terra, con particolare riguardo alla formazione professionale e culturale dei giovani e allo stesso tempo al miglioramento della vita dei più deboli.
- © Pinacoteca G.A. Levis Chiomonte